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Biologo Nutrizionista

La dieta Mediterranea un patrimonio da riscoprire

la_dieta_mediterranea.png Rubrica di Nutrizione su laToscana nuova Novembre 2021

Gli Italiani seguono la dieta mediterranea?

Gli ultimi dati epidemiologici (www.epicentro.iss.it, sistema di sorveglianza PASSI 2017-2020) portano a stimare che 4 adulti su 10 siano in eccesso ponderale: 3 in sovrappeso e 1 obeso. La risposta alla domanda potrebbe essere: forse non siamo poi così tanto virtuosi.

Ma facciamo un passo indietro per capire l’importanza che questa dieta ha acquisito nel tempo.

Negli anni ’50, lo scienziato e Biologo statunitense Ancel Keys (1904-2004), grazie ai suoi prolungati soggiorni nel Salento, è stato il primo ad intuire come l’alimentazione mediterranea tipica delle comunità agricole del Sud Italia costituisse un fattore di prevenzione nei confronti delle patologie cardiovascolari. Keys in particolare osservò che nel Sud Italia vi era un’incidenza decisamente più bassa delle malattie del benessere rispetto a quanto si registrava fra i ceti più ricchi degli USA. Nonostante il consumo di grassi fra la popolazione americana e quella italiana fosse molto simile in termini di quantità, quest’ultima risentiva in maniera minore della diffusione delle patologie cardiovascolari.

 

Per avvalorare le proprie ipotesi Keys dette avvio al monumentale Seven Countries Study (Studio delle Sette Nazioni), un imponente programma di ricerca epidemiologico che coinvolse 12000 persone di età compresa fra i 40 e i 59 anni di sette Nazioni differenti (Stati Uniti, Giappone, Italia, Grecia, Jugoslavia, Olanda, Finlandia). Keys riscontrò che paesi come l’Italia, la Grecia, la Jugoslavia e, fuori dal contesto europeo, il Giappone, erano accomunati dalle stesse abitudini alimentari, caratterizzate dal consumo prevalente di grassi monoinsaturi (tra cui gli omega 3 ricavati dai pesci), cereali, frutta e verdura e, al tempo stesso, da un ridotto consumo di grassi saturi e proteine animali.

Keys descrive in questi termini il modello nutrizionale da lui fatto oggetto di studio: cit: “minestrone fatto in casa…, pasta di tutte le varietà…, con salsa di pomodoro e una spolverata di Parmigiano.., solo occasionalmente arricchita con qualche pezzetto di carne o servita con un piccolo pesce del luogo…, fagioli e maccheroni…,tanto pane, mai tolto dal forno più di qualche ora prima di essere mangiato e senza nulla con cui spalmarlo, grandi quantità di verdure fresche spruzzate con olio d’oliva, una modesta porzione di carne o pesce forse un paio di volte alla settimana e sempre frutta fresca per dessert”.

Moltissimi sono stati poi gli studi scientifici a sostegno della salubrità di questo stile alimentare tanto che nel novembre 2010, la Dieta Mediterranea è stata riconosciuta dall’UNESCO Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.

Purtroppo stiamo osservando un graduale scostamento da questo stile alimentare che va di pari passo con il peggioramento dello stato di salute della popolazione.

Dobbiamo quindi davvero tornare indietro, riappropriarci di sane e vecchie abitudini, imparare di nuovo a cucinare e a scegliere cibi con criteri diversi e piu’ ecosostenibili di quelli attuali. Chiediamoci dunque: quante volte i legumi, i cereali in chicco, sono presenti nella nostra tavola? Quante volte invece i prodotti raffinati, conservati e lavorati?