A volte, nella pratica ambulatoriale del nutrizionista, può capitare che alcune persone non riescano a ottenere risultati in termini di perdita di peso, nonostante seguano percorsi nutrizionali corretti, piani nutrizionali personalizzati, regimi dietetici validati. Anche se si tratta di una minoranza, questi pazienti tendono a demotivarsi, abbandonano il trattamento e sperimentando frustrazione e ulteriore aumento di peso. Comprendere le cause di questo fallimento è fondamentale, non solo per i pazienti e per i professionisti che li seguono, ma anche per le persone che vivono accanto a loro. Proviamo di seguito ad elencare le cause principali.
Errori alimentari inconsapevoli
Spesso chi segue una dieta sottovaluta le calorie realmente assunte, dimenticando piccoli spuntini, condimenti, alcolici o bevande zuccherate. A questo si aggiungono convinzioni errate, spesso derivate da diete passate o da informazioni mediatiche fuorvianti: ad esempio, considerare i formaggi magri sempre dietetici, ritenere che i grassi “buoni” possano essere consumati senza limiti o credere che frutta e verdura siano comunque e sempre libere da restrizioni. Anche una dieta povera di proteine e fibre può ridurre il senso di sazietà, spingendo a mangiare di più. Inoltre, se da un lato un deficit calorico eccessivo e prolungato può anche rallentare alcuni processi biologici, portando l’organismo verso un adattamento metabolico volto al “risparmio”, dall’altro un deficit troppo lieve potrebbe non essere sufficiente per dimagrire. In questi casi, strumenti come la bioimpedenziometria e la calorimetria potrebbero aiutare a stimare correttamente il fabbisogno energetico individuale.
Cause cliniche
Alcune condizioni cliniche ostacolano direttamente il dimagrimento. L’ipotiroidismo, ad esempio, altera gli equilibri metabolici, favorendo l’accumulo di grasso e liquidi. La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), frequente nelle donne giovani, è spesso legata a insulino-resistenza e disturbi del metabolismo che promuovono l’accumulo di grasso. Anche elevati livelli di cortisolo (sindrome di Cushing, o stress cronico) promuove l’accumulo di grasso, specialmente addominale. Inoltre, alcuni farmaci – tra cui corticosteroidi, antidepressivi e antiepilettici – possono alterare l’appetito, aumentare la fame o interferire con la sazietà.
Stile di vita e attività fisica
La mancanza di sonno influisce sugli ormoni che regolano l’appetito (aumento della grelina, riduzione della leptina), incentivando il consumo calorico e portando a smangiucchiare in continuazione, a non saper resistere alle tentazioni. Anche l’attività fisica svolge un ruolo cruciale: se non è regolare o sufficientemente intensa, non favorisce la perdita di peso. È importante pero’ ricordare che un aumento della massa muscolare (grazie ad un costante allenamento) può mascherare il dimagrimento sulla bilancia, pur migliorando la composizione corporea.
Aspetti psicologici
I fattori emotivi rappresentano un ostacolo spesso sottovalutato. Stress, ansia e depressione possono alimentare una fame compulsiva, con comportamenti alimentari disfunzionali che compromettono l’efficacia della dieta. Nei disturbi del comportamento alimentare, l’imposizione di un regime restrittivo può addirittura aggravare la sofferenza emotiva e favorire un ulteriore aumento di peso.
L’insuccesso nella perdita di peso, quindi, non è mai frutto di scarsa volontà del paziente. Piuttosto, è il risultato di un insieme di fattori fisiologici, clinici, comportamentali e psicologici. Per questo è essenziale una valutazione accurata, anche multidisciplinare, che coinvolga oltre al nutrizionista, il medico, che procederà con accertamenti, esami, diagnosi ed eventuali terapie, e, quando necessario, lo psicologo. Solo così è possibile individuare la causa del problema e costruire un percorso personalizzato, realistico e sostenibile.
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